UPS: “Tari, arrivate le prime rate “salate”. E il nuovo regolamento comunale è una beffa per le aziende”

SIGNA – Nei giorni scorsi sono state recapitate ai cittadini signesi le prime due rate Tari 2021: “Come previsto – dicono in una nota il capo gruppo Gianni Vinattieri i consiglieri Matteo Mannelli e Chiara Di Bella di Uniti per Signa – si tratta di importi molto alti in attesa del conguaglio di dicembre che […]

SIGNA – Nei giorni scorsi sono state recapitate ai cittadini signesi le prime due rate Tari 2021: “Come previsto – dicono in una nota il capo gruppo Gianni Vinattieri i consiglieri Matteo Mannelli e Chiara Di Bella di Uniti per Signa – si tratta di importi molto alti in attesa del conguaglio di dicembre che potrebbe riservare ancora sorprese negative dovute al recupero di costi aggiuntivi e pregressi che dovranno essere distribuiti a carico dei contribuenti nel triennio 2021-2023. Infatti, la differenza fra quanto pagato dai cittadini nel 2020 (4.100.000 euro) e quanto devono pagare dopo la revisione a posteriori deliberata da Alia-Ato-Comune (4.543.679 euro più tributo provinciale al 5%) sarà recuperato a partire dal 2021. Con il rischio, se si replicheranno alcune dinamiche del 2020, di arrivare a una tariffa totale Tari nel 2021 oltre i 4.900.000 euro. Fallimento politico e amministrativo totale a cui le maggioranze comunali, metropolitane e regionali non riescono a porre rimedio attraverso soluzioni coraggiose. Con una spirale di aumento di costi e inefficienze che non prefigura inversioni di tendenza”.

Gli aumenti nel 2021, secondo Uniti per Signa, “colpiranno soprattutto le famiglie; cioè le utenze cosiddette “domestiche”. Ma anche per le “utenze non domestiche” (attività produttive, aziende) il consiglio comunale del 28 giugno scorso ha confezionato un Regolamento Tari modificato le cui novità più rilevanti sono delle beffe. Viene introdotto il comma 1 bis all’articolo 2 in cui, fra le altre cose, si stabilisce che “l’interruzione temporanea del servizio di gestione dei rifiuti urbani non comporta esonero o riduzione del tributo”. Con un ribaltamento completo del concetto di servizio pubblico che per definizione non dovrebbe contemplare interruzioni; mentre il comma sancisce che in caso di interruzione del medesimo, quindi possibile, non sono previste riduzioni del tributo”. “Viene eliminata – aggiungono – la definizione di “rifiuti speciali assimilati”: in base alla nuova definizione i rifiuti si dividono in “urbani” e “speciali”. Ora, come noto, le attività produttive smaltiscono per proprio conto e a proprie spese i rifiuti cosiddetti “speciali” prodotti di cui una parte, finora, era “assimilata” agli urbani e quindi conferita attraverso la gestione dei rifiuti comunali. La novella normativa, quindi, amplia il campo dei rifiuti speciali che le aziende dovranno smaltire direttamente attraverso soggetti gestori privati. Viene istituito un nuovo articolo 11 bis che afferma che “le tariffe si compongono di una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio di gestione rifiuti, riferite in particolare agli investimenti per le opere e ai relativi ammortamenti (quota fissa) e da una quota rapportata alla qualità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all’entità dei costi di gestione (quota variabile)”.

“La grande novità, però, – concludono – consiste nella possibilità per le “utenze non domestiche” di uscire dal servizio di gestione di rifiuti urbani comunali e gestire direttamente attraverso soggetti privati i rifiuti prodotti: le aziende già oggi gestiscono direttamente i rifiuti speciali che producono e le novità normative ampliano questo campo eliminando i rifiuti speciali assimilati agli urbani. Se decidessero di uscire dal sistema comunale, comunque dovrebbero pagare la parte fissa della tariffa: quella degli investimenti e dei relativi ammortamenti. In particolare dovrebbero comunque continuare a pagare per investimenti che non si sono mai tradotti in opere, per i relativi ammortamenti e per i costi di mancata realizzazione delle opere per cui si sono finanziati gli investimenti (per esempio termovalorizzatori di Case Passerini e di Selvapiana). In sintesi, uscendo dal sistema di privativa comunale, le attività produttive non pagherebbero più la quota variabile della Tari che però già oggi, e ancor più domani, è limitata ai pochi rifiuti urbani prodotti mentre il grosso della produzione è rifiuto speciale e quindi smaltito direttamente. Mentre continuerebbero a pagare la quota fissa che, come già detto, raccoglie i costi di tutte le inefficienze del sistema. Insomma, una novità che si traduce in beffa”.