CAMPI BISENZIO – “L’abbattimento dei due camini del vecchio inceneritore di San Donnino ha un significato fortemente simbolico e assai controverso. Di fatto esso chiude al passato (della dissipazione) e apre al futuro (della conservazione) ma ciò non basta a comprendere le ragioni della scelta che lo toglie dallo spazio pubblico”: a dirlo è l’avvocato Claudio Tamburini, già esponente del Comitato ambiente di San Donnino e del Coordinamento dei comitati della Piana. “E’ di certo – aggiunge – l’eliminazione della testimonianza fisica di un “conflitto” fra la periferia e la città che portò alla sua chiusura dopo tredici anni dalla entrata in funzione, lasciando un territorio inquinato per più di un lustro, centinaia di migliaia di tonnellate di scorie tossiche e gravi implicazione sulla salute degli abitanti”.
“Di questa testimonianza – conclude – Alia non ha ritenuto di farsi carico. Troppo ingombrante per l’operato dell’azienda solo a considerare che essa ha strenuamente difeso fino a ieri, in tutte le sedi, amministrative e giudiziarie, la realizzazione di un nuovo inceneritore nella Piana. A questo si sono adeguate le istituzioni cittadine. Da ora in poi spetterà alla popolazione della Piana, alle sue rappresentanze associative e, non in ultimo, anche a quelle istituzionali, coltivare in modo più attivo la memoria del grande contributo di partecipazione e di idee che, di gran lunga, anticipò il cambiamento epocale, interpretato con molto ritardo e molte riserve, dalle sedi politiche. C’è piuttosto da auspicare che l’atteggiamento di separatezza che, anche in questa circostanza, l’azienda ha tenuto nei confronti delle popolazioni della periferia, per nulla coinvolte nel progetto, lasci il posto a un fertile sistema di relazioni con il territorio che la ospiterà nella nuova missione. Questo potrebbe consentire la restituzione alle popolazioni attuali quanto è stato sottratto a quelle di ieri”.

