Stare a casa. Alessandro Calonaci attore, regista direttore del Teatro San Martino “vivo la lentezza in famiglia”

SESTO FIORENTINO – Stare a casa è quello che dobbiamo fare in questi giorni per contenere il diffondersi da coronavirus. Una situazione che ha colto tutti di sorpresa e che dopo qualche settimana ha modificato la nostra quotidianità: teatri, cinema, librerie, spazi collettivi chiusi. Tutto il mondo, il nostro mondo, adesso è in poche stanze, […]

SESTO FIORENTINO – Stare a casa è quello che dobbiamo fare in questi giorni per contenere il diffondersi da coronavirus. Una situazione che ha colto tutti di sorpresa e che dopo qualche settimana ha modificato la nostra quotidianità: teatri, cinema, librerie, spazi collettivi chiusi. Tutto il mondo, il nostro mondo, adesso è in poche stanze, nella casa dove abitiamo. La nostra finestra sul mondo, oltre a quella che si affaccia sulla strada o sul giardino, su un pezzo di città, è la rete, le piazze virtuali in questa situazione paradossale, tornano ad essere i social. E chi fa spettacolo, teatro, chi racconta su un palcoscenico la vita di ognuno di noi come trascorre le giornate? Lo abbiamo chiesto ad Alessandro Calonaci, direttore artistico del Teatro San Martino di piazza della Chiesa, attore e regista.

Questo particolare momento di emergenza sanitaria in cui è stato richiesto di restare a casa, cosa significa per chi fa il lavoro il tuo lavoro?

In questa clausura forzata non ci resta che sottostare ai consigli e alle restrizioni. Il nostro è un lavoro di privilegiati perché nessuno ci ha obbligato a fare gli attori  e non ci possiamo lamentare, a noi sarà richiesto di risollevere con la nostra arte,  gli animi, lo faremo anche se con sacrificio perché, una volta terminato tutto mancheranno gli investimenti, i soldi. Mi considero un artigiano del teatro e  cercherò si sollevare gli animi, di dare una spinta perché la nostra comunità riparta.

Come stai organizzando le giornate a casa?

In modo rallentato, acquisendo una nuova normalità. Mi sono detto proprio questo mentro parlavo con un amico: stiamo parlando tranquillamente. Dopo tanta anormalità dovuta ad una vita frenetica, senza sosta divisa tra palcoscenico, organizzazione di eventi, sempre indaffarato tra studiare, pensare, dirigere, provare… ecco dopo questo capogiro di situazioni arriva la normalità. E non so se è un male.

Restando a casa hai recuperato qualche attività che avevi abbandonato?

No. Non ho recuperato nulla. Adesso ho la possibilità di tracorrere più tempo con la mia famiglia, con mia moglie, con il mio bambino di sei anni che è felice perché ha i suoi genitori a casa. Sono a casa con tranquillità e sembriamo quasi ‘un coppia normale’ e anche questo è molto bello. Posso occuparmi con rilassatezza, delle traduzioni, di scrivere e adattere testi, non come ho fatto fino ad ora mettendomi a studiare e scrivere tornato dallo spettacolo. E’ tutto un tempo dilatato. Abito in campagna e la campagna detta i ritmi della natura, così la clausura forzata la sento meno rispetto a chi vive in una città, in un appartamento o nelle periferie. Devo fare l’unica cosa che so fare bene preparare ‘generi di conforto’ per quando tutto questo sarà concluso.

Quando tutto finirà pensi che questa esperienza influenzerà la tua attività (in senso creativo)?

No questa esperienza non influenzerà la mia parte creativa, a differenza di alcuni miei colleghi che si dedicano a raccontare questo momento. Credo che dopo ci sarà bisogno di leggerezza e di commedia, di superficialità ‘calviniana’ non quella inutile di un certo cabaret da macelleria. Sto pensando a spettacoli che allietino le persone, ma occorrerà farli in maniera più solare. E’ vero che dalla peste del 1300 nacque il capolavoro di Boccaccio….

Un consiglio per chi resta a casa ti senti di darcelo?

Recuperate il tempo perduto. Magari recuperare il tempo perduto, per dirla con Proust, leggendo tutti quei libri che non abbiamo letto. Un consiglio ai sedicenti scrittori che si affannano per scrivere Facebook: sì certo è lecito farlo, ma rileggete prima Moby Dick, leggete Dante leggete Pascoli e D’Annunzio e la sua raccolta di liriche l’Alcyone e riprendete in mano gli scritti di Carducci e di Campana e le poesie di Gozzano, Palazzaschi e le opere di Flaiano. Smettetela di scrivere, io a differenza di voi faccio “gerundio non participio passato” il teatro è solo in quel momento, e ai sedicenti poeti dico: leggete. Si può scrivere meglio di Melville? E per dirla con Aldo Palazzeschi: “ah, mi vergono di esser poeta….” Tornermo più forti e agguerriti di prima e sarò pronto ad abbracciarvi!