SIGNA – Nel 2018 la centralina di monitoraggio della qualità dell’aria di via Buonarroti a Signa ha registrato 19 sforamenti di pm10 del limite consentito del 50 mg per metro cubo, nessuno sforamento oltre i 100 microgrammi. Nel 2017 erano stati 25 gli sforamenti.
“Siamo in linea con gli anni precedenti – ha detto stamani presentando i dati, l’assessore all’Ambiente Federico La Placa – anzi si nota un leggero trend di miglioramento. Sono stati rispettati i limiti regionali, con i 35 sforamenti massimi consentiti all’anno e ci avviciniamo alle linee guida dell’Oms che prevede una media mensile di 20 microgrammi, siamo a 21,87 microgrammi. Notiamo come sempre che i periodi peggiori sono l’autunno e l’inverno, in parte per le condizioni atmosferiche, in parte per gli abbruciamenti e i riscaldamenti domestici”.
Come ha ricordato anche il responsabile dell’ufficio ambiente Valerio Balzoni, dal 2012 a Signa è in vigore l’ordinanza che da novembre a marzo vieta l’accensione di fuochi. “Comprendiamo che questi comportamenti facciano parte di una nostra tradizione – ha detto – ma è ormai chiara l’incidenza dei fuochi ad esempio delle potature degli ulivi con l’innalzamento delle polveri sottili. Tanto è vero che i carabinieri forestali fanno controlli in merito e la sanzione prevista arriva ai 2mila euro”.
Roberto Scodellini, dottorando in chimica Università di Firenze, ha ricordato che in effetti, a dispetto della tradizione e del comune sentimento, bruciare legna emette particolato nell’aria in maniera non indifferente: bruciare un kg di legna in caminetto o all’aperto equivale, in termini di emissioni, a percorrere 5.700 km con un’auto a benzina euro 0 o 11.500 km con un’auto a benzina euro 4 o a bruciare 247 litri di gasolio.
“Guardando i grafici degli ultimi anni – ha detto Scodellini – vediamo che la situazione in termini di emissioni è migliorata ma che è abbastanza ferma. Questo perché sono migliorate le tecnologie dei motori dei veicoli ma siamo fermi in termini di riscaldamento industriale e domestico e abitudini come quello di utilizzare i caminetti o bruciare gli scarti agricoli. Per assistere ad un nuovo trend di riduzione dovremo attendere che gli interventi in corso diano i loro frutti. Mi riferisco al risparmio energetico (esempio la coibentazione degli edifici che richiederà di bruciare meno combustibile per riscaldarli), l’impiego di fonti energetiche non impattanti (esempio il solare termico), l’ulteriore sviluppo della mobilità collettiva su rotaia (esempio tramvie), lo sviluppo di una mobilità elettrica privata funzionale ed economicamente sostenibile dalle famiglie e infine, ma non ultima, una maggiore coscienza delle persone verso atteggiamenti più rispettosi della risorsa aria”.
Venendo ai dati sugli sforamenti nel 2018, i mesi peggiori sono stati gennaio (9) e dicembre (9). I motivi? In gran parte climatici, ha spiegato Scodellini: alta pressione, poco vento, notti molto fredde seguite da giornate molto soleggiate. Gennaio mese “horribilis” anche nel 2019 con 10 sforamenti, di cui 3 sopra i 100 microgrammi, tutti registrati tra l’Epifania e il rientro a scuola, l’8 gennaio.
E.G.