
FIRENZE – Le brutte giornate, nella vita dei sostenitori della Fiorentina, non sono mancate. Alcune sono molto recenti, ma, nella storia, c’è una giornata che ha superato di gran lunga l’amarezza di tutte le sconfitte. Chi scrive è nato nel 1955 e appartiene ad una generazione, come quelle precedenti ed immediatamente successive, che credeva di averlo vissuto quel giorno. Cosa potevi esserci di peggiore del 16 maggio? Quel giorno ci aveva cambiato, sportivamente parlando, la vita. Era il 1982, ultima giornata del campionato. In testa alla classifica ci sono due squadre, perfettamente appaiate, dopo 29 giornate: Fiorentina e Juventus. Nonostante il gravissimo infortunio subito da Antognoni, che ridusse il suo contributo a 14 presenze; nonostante i ripetuti arbitraggi favorevoli ai gobbi (alla fine del campionato saranno 6 i rigori concessi alla Juve, e nessuno contro; 3 a favore e 2 contro il nostro bilancio). Noi giochiamo a Cagliari, contro una squadra a cui serve almeno un punto per salvarsi. I bianconeri sono di scena a Catanzaro, squadra già salva dopo un ottimo campionato, ma intenzionata a vendere cara la pelle, con una bella tifoseria che la sostiene.
La Federazione, con l’allenatore Bearzot in testa, era molto preoccupata per il possibile prolungamento del torneo. Se le due contendenti avessero terminato il campionato a pari punti, lo spareggio si sarebbe giocato la domenica successiva, sottraendo una settimana alla preparazione della Nazionale. La Coppa del Mondo, Spagna 1982, incombeva. Gli arbitri designati per l’atto finale delle due contendenti, dopo tante pressioni e qualche cambio di decisione, erano Maurizio Mattei di Treia, bellissimo borgo in provincia di Macerata vissuto da una bella rappresentanza di tifosi gigliati, per Cagliari-Fiorentina; Claudio Pieri, nativo di Pescia splendido centro toscano pieno di nostri sostenitori, ma cresciuto in Liguria ed appartenente alla sezione arbitrale di Genova, per Catanzaro-Juventus.
Curiosamente, trattandosi di partite decisive per l’aggiudicazione dello scudetto, nessuno dei due deteneva lo status di arbitro internazionale. Quel 16 maggio era stato presentato come il giorno della verità e lo fu pienamente, togliendo ogni dubbio su chi esercitasse il vero potere sul calcio italiano. In Sardegna la Fiorentina non gioca una bella partita, ma Ciccio Graziani segna al quarto d’ora della ripresa. L’azione decisiva è chiara: il portiere Corti esce e non prende il pallone, finendo per impattare su Bertoni, spinto da un difensore. È il gol dello scudetto o, mal che vada, quello che garantisce lo spareggio. Nell’incredulità generale Mattei lo annulla: solo lui ha visto un fallo sul portiere cagliaritano…
A Catanzaro Pieri, sullo 0-0, non concede un rigore ai padroni di casa per un clamoroso fallo dello stopper bianconero Brio sull’attaccante Borghi, la partita continua in grande equilibrio e la Juventus la vince (1-0) con un calcio di rigore trasformato da Brady a 15 minuti dalla fine. Le conclusioni le tira il presidente bianconero Boniperti alla “Domenica Sportiva”, allora la Rai aveva il monopolio dello sport in Tv: “E’ finita come era naturale che finisse…”. Quel giorno ha cambiato il corso della storia viola. Non solo, e non è poco, perché potevamo avere uno scudetto in più. Quella vittoria avrebbe portato la Fiorentina ai vertici del calcio italiano ed europeo, dando forza alle ambizioni con cui la famiglia Pontello era entrata nel mondo del calcio.
Era il 16 maggio anche nel 1990, quando giocammo al “Partenio” di Avellino la finale di ritorno della Coppa Uefa contro la Juventus. Il “furto” lo avevamo già subito due settimane prima, nella gara d’andata, a Torino. L’arbitro spagnolo Emilio Soriano Aladrén aveva interpretato al meglio il suo nome, il secondo, concedendo ai bianconeri libertà di fallo e anche un gol irregolare (risultato finale 3-1 per la Juventus). Anche allora era imminente il Campionato del Mondo. Gli arbitri dovevano “promuoversi”: Soriano fu inserito tra gli arbitri che parteciparono a Italia ‘90, dirigendo la fondamentale gara tra Olanda ed Egitto. Al danno seguì la beffa con la designazione (per la squalifica del campo subita dopo la semifinale contro il Werder Brema) di Avellino, roccaforte bianconera, per la nostra gara “casalinga”. Per tutta la Coppa la Fiorentina aveva dovuto giocare le proprie partite in casa a Perugia (a causa dei lavori allo stadio per i Mondiali). Con la squalifica finì per disputare le due gare di finale in trasferta. Una finale che ebbe un tempo supplementare letale per i tifosi viola: la cessione, il giorno dopo, di Roberto Baggio proprio a loro, ai “nemici” di sempre.
Avevamo nella testa molta confusione, ma una cosa era certa: il 16 maggio andava cancellato dal calendario. Ma, come recita un vecchio adagio popolare, al peggio non c’è mai fine. E c’è stato un giorno peggiore, molto peggiore. Eravamo già abituati a furti e sconfitte, ma non avevamo mai preso in considerazione la possibilità che la nostra squadra venisse soppressa, cancellata. Era inimmaginabile. Il 1 agosto 2002. Il Consiglio Federale della Figc deliberava le iscrizioni ai campionati. Tesissimi Raffaele Righetti, storico segretario della Fiorentina, e il capitano Angelo Di Livio, con le liberatorie firmate da tutti i calciatori, aspettarono fino all’ultimo il bonifico promesso da Vittorio Cecchi Gori per iscrivere la società al campionato di serie B. Ma fu una storia senza lieto fine: il bonifico non arrivò e la Federazione escluse l’AC Fiorentina dai campionati di calcio. La Fiorentina non esisteva più. Veniva meno un punto di riferimento fondamentale, un punto fermo nella vita di tutti i tifosi: la certezza che la Fiorentina l’avevi trovata quando eri nato e l’avresti lasciata solo al momento di morire. Abbiamo già raccontato, esattamente un anno fa, quali furono le responsabilità di questo omicidio sportivo, e la successiva rinascita, per cui i nostri lettori possono agevolmente recuperare quel testo
Nella vita di una squadra di calcio e dei suoi appassionati è quasi impossibile un giorno peggiore di quel 1 agosto. Come ogni esperienza negativa averla vissuta e superata ci ha dato ancora più forza e la convinzione di poter superare, calcisticamente, qualsiasi situazione. Alé Fiorentina!
Massimo Cervelli – Commissione storia Museo Fiorentina