Panettone o pandoro? Per Claudio Pecchioli di “Tuttobene” a vincere è la semplicità

CAMPI BISENZIO – Un’occhiata alla vetrina in allestimento, un’altra al bancone dove ci sono le verdure da servire per il pranzo. Nel mezzo tante, interessanti considerazioni su quanto, in questi anni, la tradizione del tortellino a Bologna sia cresciuta ancora. Con il risultato che, chi scrive, sarebbe rimasto a lungo ad ascoltarlo e parlare insieme […]

CAMPI BISENZIO – Un’occhiata alla vetrina in allestimento, un’altra al bancone dove ci sono le verdure da servire per il pranzo. Nel mezzo tante, interessanti considerazioni su quanto, in questi anni, la tradizione del tortellino a Bologna sia cresciuta ancora. Con il risultato che, chi scrive, sarebbe rimasto a lungo ad ascoltarlo e parlare insieme a lui. Di cucina e di gusto. Ma la nostra chiacchierata con Claudio Pecchioli – che con Marco Pasquini è proprietario del bar pasticceria “Tuttobene”, al “confine” fra Campi Bisenzio e Calenzano, insieme nella fotografia – verteva su un altro argomento. Legato al periodo che stiamo vivendo e che ci porterà al Natale. E se, come recita il loro sito Internet, “Quando il gusto diventa poesia, il piacere raddoppia”, abbiamo incontrato la persona giusta per soddisfare le nostre curiosità. E capire come è destinata a risolversi quest’anno l’eterna sfida fra panettone e pandoro. Una sfida che puntualmente si ripresenta in occasione delle festività natalizie e che “apre” a molteplici spunti di riflessione.

“E’ una diatriba storica – dice Pecchioli – ma non è, non può essere una competizione, in considerazione di più elementi: innanzitutto di una lievitazione diversa, ma anche di una “provenienza” geografica che non è la stessa: il panettone è lombardo, il pandoro è veneto. Negli ultimi anni, poi, tanti altri dolci sono riusciti a “trasformarsi” e oggi si possono considerare buoni anche per gli altri mesi dell’anno e non solo per il periodo di Natale. Perché non fare la stessa cosa anche con panettone e pandoro?”. Pensiamo, per esempio, alla “Mantovana” o allo “Zelten” altoatesino: “Certo – continua – il dibattito è interessante e a dicembre si registra un boom nelle vendite. Ma se guardiamo al panettone, anche al sud stanno lavorando bene e forse non può essere più considerato solo una prerogativa milanese”. Con due concetti di fondo su cui Pecchioli vuole mettere l’accento: “L’importanza della semplicità, fondamentale quando si parla di determinati prodotti”. E una cucina, un modo di cucinare “in cui bisogna cominciare a levare e non a mettere”.

Guardando invece ai numeri, su scala nazionale, lo scorso Natale il panettone tradizionale ha venduto 29.347 tonnellate, il pandoro “si è fermato” a 27.657 tonnellate. Dodici milioni le famiglie che non rinunciano per nessun motivo al panettone. La voglia di prodotti speciali, però, è dimostrata anche dall’incremento della produzione artigianale che, secondo CSM Bakery Solutions (leader internazionale nel settore della pasticceria e della panificazione nonché ideatore del concorso “Panettone Day”, che da ormai da 7 anni rappresenta una vetrina per gli artigiani di tutta Italia che si contendono il primato di “Miglior panettone” della tradizione), ha segnato nel 2018 un +8,4% rispetto all’anno precedente. In altre parole, il prodotto industriale in quantità vale quattro volte e mezzo il mercato artigianale (82% contro il 18%) ma a livello economico i 217 milioni di euro di giro d’affari dei soli panettoni invece si equivalgono. Ed è stato calcolato che gli italiani spendono 109,5 milioni di euro per i panettoni industriali e 107,3 in quelli artigianali.

E quest’anno? Il brutto tempo delle ultime settimane sembra aver invogliato i consumatori ad acquistare in anticipo i dolci di Natale. Con una percentuale in crescita per il panettone fatto a mano che già nel 2018 aveva registrato un +5%. E un boom di acquisti nelle pasticcerie rispetto a panetterie e negozi specializzati. Come dimostra anche “Tuttobene”, che punta su quattro-cinque tipi di panettone, che vanno dal classico a quello pera e cioccolato, da uvetta e moscato a quello farcito con crema di pistacchi e cioccolato. Con il pistacchio che si conferma “un ingrediente in costante crescita – conclude Pecchioli con l’ultima “dritta” – e i migliori sono di gran lunga quelli siriani”. Noi ci fermiamo qui, ma abbiamo già l’acquolina in bocca.