“L’aiuto becchino”… nel cimitero: come rendere omaggio ai nostri cari con il sorriso

CAMPI BISENZIO – Cento anni sono un traguardo importante. Così come sono importanti i servizi che svolge quotidianamente la Misericordia di Campi Bisenzio. Ecco perché la decisione di celebrare il primo secolo “di vita” del proprio cimitero con quello che definire spettacolo teatrale è perfino riduttivo, si è rivelata azzeccata. Già perché quello “andato in […]

CAMPI BISENZIO – Cento anni sono un traguardo importante. Così come sono importanti i servizi che svolge quotidianamente la Misericordia di Campi Bisenzio. Ecco perché la decisione di celebrare il primo secolo “di vita” del proprio cimitero con quello che definire spettacolo teatrale è perfino riduttivo, si è rivelata azzeccata. Già perché quello “andato in scena” proprio all’interno del cimitero di via Tosca Fiesoli nel fine settimana (da venerdì a domenica) è stato un racconto di vita vera, di vita vissuta, anche di quello che è stato Campi Bisenzio in passato. Tutto ciò grazie a “L’aiuto becchino” e alla compagnia “Guascone Teatro” che, prendendo spunto dal libro di Giacomo De Bastiani – che ha dato il titolo alla pièce teatrale – ha descritto in modo intelligente e “addomesticato” al tempo stesso le giuste perplessità, per tanti vera e propria paura, che ognuno di noi ha per la fine dei nostri giorni. De Bastiani, infatti, è nato e cresciuto nel cimitero di Campi in quanto il padre Remo era il becchino del paese e la sua famiglia abitava proprio all’interno della struttura. Con tanto di pollaio e panni stesi alla finestra. La sua è quindi una sorta di autobiografia dove racconta vari aneddoti e storie di personaggi che hanno caratterizzato la sua crescita. Ma non solo: nella sua opera De Bastiani è riuscito a mescolare con grande maestria ingredienti fortemente comici, pensieri arguti e molta dolcezza. Quella dolcezza che non può non emergere da una storia personale, la vita di una famiglia appunto in un luogo decisamente serio come lo è un cimitero. Non a caso, quella che ne nasce è una girandola di personaggi talmente buffa da riconciliarci con la paura della morte. Al resto ci hanno pensato e ci pensano Andrea Kaemmerle, Fabrizio Liberati e Marco Fiorentini: “Non potevamo farci scappare un’idea tanto curiosa che ha portato alla nascita di uno spettacolo dove il pubblico si trova inserito completamente in scena, un po’ protagonista, un po’ consigliere e un po’ testimone degli eventi”. Non uno spettacolo classico, circa ottanta minuti di sorrisi, di battute, di riferimenti a personaggi che hanno contribuito a scrivere la storia di Campi. Dando ovviamente libero sfogo anche alla fantasia. Partendo dal funerale di Marisa, 107 anni, 106 e mezzo dei quali vissuti in salute, il marito ancora in vita, anarchica e partigiana che beveva quattro bicchieri di vino e fumava un sigaro al giorno. E don Spartaco che non arriva mai nonostante all’ingresso del cimitero ci sia anche l’annuncio funebre… Ma soprattutto, non solo per quanto ci riguarda, un esperimento riuscito. Un modo diverso di vivere uno spazio “sacro” come appunto è un cimitero ma sempre nel massimo rispetto di chi lì riposa per sempre. Già, perchè come dice Khalil Gibran, “Se davvero volete conoscere lo spirito della morte, spalancate il vostro cuore al corpo della vita. Perché vita e morte sono una cosa sola, così come il fiume e il mare”.

Pier Francesco Nesti