La caduta del Comune Rosso come la raccontò Ragionieri

SESTO FIORENTINO – Altro che sfiducia e commissariamento. Senza nulla togliere alla profonda crisi politica e istituzionale che ha segnato il Comune ai tempi di Sara Biagiotti, non può non venire in mente il paragone con quella che fu “la caduta del Comune Rosso” nel 1922, così come la raccontò lo storico Ernesto Ragionieri. Una […]

SESTO FIORENTINO – Altro che sfiducia e commissariamento. Senza nulla togliere alla profonda crisi politica e istituzionale che ha segnato il Comune ai tempi di Sara Biagiotti, non può non venire in mente il paragone con quella che fu “la caduta del Comune Rosso” nel 1922, così come la raccontò lo storico Ernesto Ragionieri. Una storia dai toni ben più drammatici, che invita a moderare adesso i termini visto che – per quanto sia aspro e acceso il confronto politico – siamo per fortuna in democrazia e certi modi davvero fascisti, dittatoriali, e certi colpi di mano sono soltanto un ricordo.
E’ il 1921 quando il conflitto politico presente in Italia sin dalla  fine della Guerra si inasprisce duramente, con la nascita da un lato del Partito Comunista, che fin da subito trova iscritti e si costituisce in sezioni anche a Sesto, ottenendo buoni risultati anche elettorali (il primo partito rimane però nel Comune il partito socialista); dall’altro lato con l’intensificarsi delle spedizioni punitive fasciste che dal marzo dilagano per tutta la provincia. Non c’è da scordare che siamo un anno e diversi mesi prima della marcia su Roma e del colpo di Stato mussoliniano, e ribadire questo serve a sottolineare quanto le autorità italiane anche da queste parti avallassero di fatto le illegali violenze fasciste. In barba allo Statuto Albertino, e a ogni principio di legalità e democrazia, le forze dell’ordine chiudevano volentieri un occhio e spesso anche tutti e due di fronte a spedizioni violente di gruppi di uomini in molti casi armati, in formazioni paramilitari, che di fatto aggredivano e spesso uccidevano gli avversari politici. Nel febbraio l’uccisione a colpi di pistola di Spartaco Lavagnini sulla sede di lavoro a Firenze; poi, come si legge in un giornale dell’epoca (Il Comunista del 21 ottobre 1921) “Ogni giorno, dal quartiere generale dell’esercito bianco, da Firenze, partono camion carichi di giovani armati, muniti dell’elmetto d’acciaio, forniti di benzina e di bombe incendiarie. […] Nei paesi i camion portano il terrore. Scortati da autoblindate, seguiti dai carabinieri e dalle guardie regie gli uomini di Perrone invadono le sedi operaie, le abitazioni private, estorcono dichiarazioni , proclamano ostracismi nelle amministrazioni elette dal popolo, esiliano i capi dei sindacati, bastonano gli operai e se v’è un simulacro di resistenza uccidono anche. Poi le autorità denunciano ed arrestano chi ha tentato  di difendersi e chi non ha ceduto subito. E le leghe dei braccianti, dei contadini, degli artigiani si sfasciano sotto l’intimidazione dei guerriglieri bianchi e nelle sedi bivaccano i soldati”. L’autore dell’articolo parla di esercito bianco, che ancora i simboli del fascismo sono sul nascere, ma si trattava ovviamente dell’esercito “nero”.
A Sesto fiorentino la prima incursione fascista arrivò il 18 maggio, quando un camion di fascisti, proveniente da Prato, arrivò in piazza Ginori e in modo indiscriminato aprì il fuoco, uccidendo un ragazzo di 17 anni, Renato Ceccherini, e ferendo altre due persone. Le forze dell’ordine invece di agire contro di loro intimano ai cittadini di rincasare, mentre i fascisti sfondano la porta del Comune (all’epoca l’amministrazione era retta da socialisti riformisti), depositano una lettera minatoria sul tavolo di un ufficio e ripartono tranquillamente per Firenze.
Sempre in quei giorni un’altra spedizione serale arrivò a minacciare il sindaco Annibale Frilli. Si legge sul quotidiano “L’Ordine Nuovo” del 20 maggio 1922: “Alle 22 giunse a Sesto un altro camion di fascisti proveniente da Firenze che avevano il compito di imporre le dimissioni al sindaco di Sesto. Questa volta i fascisti non erano soli perché erano fiancheggiati e protetti dalla forza pubblica che – per colmo di ironia- era stata mandata colà per il ristabilimento dell’ordine. I fascisti circondarono il palazzo comunale e cercarono di penetrarvi per le finestre giacchè il portone d’ingresso era chiuso. Saputo di quanto avveniva il sindaco Frilli, che dimora a Quinto, abbandabbandonò la moglie che trovavasi gravemente ammalata e si recò al municipio a prendere il suo posto di responsabilità. Appena giunto gli furono imposte le immediate dimissioni dalla carica ma il Frilli rifiutò energicamente. Rispose che avrebbe messo a disposizione dei fascisti la propria persona piuttosto che il mandato affidatagli dalla volontà popolare.” Davvero un vecchio sindaco di cui i sestesi possono andare orgogliosi, segno che talvolta no, i politici non sono tutti uguali.
A inizio del 1922 si costituisce a Sesto il primo “Fascio di combattimento”: a richiamare il dispiegamento di forze fascista è lo sciopero dei lavoratori Richard Ginori, all’epoca fabbrica con diverse migliaia di operai, che contro le condizioni da fame imposte dalla proprietà sono in vertenza da più di un mese. Subito i fascisti accorrono a difendere le istanze padronali intimando la fine dello sciopero, e facendo seguire spesso alle parole i fatti, aggredendo gli operai. Alla fine la vertenza sindacale fallì e gli operai tornarono al lavoro con lo stipendio decurtato. Una vittoria per i fascisti che dette slancio al passo successivo: la “conquista” vera e propria del Comune. Si iniziò a rivendicare a alta voce le dimissioni della giunta, si intimorirono altre associazioni e sindacati (come l’associazione agraria) a rinunciare a scioperi e richieste, si iniziò la vera caccia all’uomo contro gli oppositori politici. I titoli dei giornali del 1922 sono un susseguirsi di cronache di “strani” e “misteriosi” fatti di sangue: “Il Nuovo Giornale, 24 aprile: Un misterioso ferimento a Sesto e un altro presso Vaiano”; “Il Nuovo Giornale, 26 aprile: Gravissimi incidenti a Sesto- Tremenda colluttazione all’interno di un circolo, colpi di rivoltella a lumi spenti, numerosi arresti”; “La Nazione, 6-7 agosto: Un bracciante percosso da un imprenditore a Sesto”. Una lunga scia di sangue con diversi morti e feriti, quasi tutti giovanissimi, che terminò con la piena conquista del Comune.  Nonostante la strenua volontà di non cedere alle intimidazioni, il sindaco Frilli, la giunta e tutto il consiglio non ce la fanno a proseguire il mandato in questo clima di crescente minaccia. Il 6 agosto 1922 si tiene l’ultima seduta del consiglio comunale, e anche se “Il Nuovo Giornale” in quella occasione titola “Una tranquilla seduta del Consiglio Comunale di Sesto”, si intuisce che fu un evento tutt’altro che tranquillizzante. Come annunciato, l’amministrazione di Sesto, giunta e maggioranza dei consiglieri rassegna in massa le dimissioni e le consegna il 9 agosto al Prefetto. Le dimissioni hanno come motivazione la mancata tranquillità per poter disimpegnare il proprio compito, e il fatto che non si sentivano più garantiti nella loro regolare funzione dall’appoggio del Governo nazionale.  Il 10 agosto si insedia il Commissario Prefettizio, il generale Ambrogio Magnaghi, due mesi prima della marcia su Roma e dell’inizio vero e proprio del Governo fascista.
Così cadde il Comune Rosso, e ci vollero venti anni di dittatura e una guerra sanguinosa prima di tornare ad avere un sindaco e delle istituzioni democratiche a Sesto Fiorentino.
Francesca Gambacciani
Fonti:
Ernesto Ragionieri “Storia di un Comune Socialista Sesto Fiotrentino”, Editori Riuniti 1976
Ivan Tognarini, ISRT “Sesto Fiorentino nella lotta contro il fascismo e il nazismo” 2013
Monica Benvenuti, Francesca Gambacciani “Storia di una cooperativa, la concordia di Quinto Alto” 2014