Gruppo Mosaico al margine, “No al nuovo campo Rom, sarebbe un ghetto, ma occorre integrazione”

SESTO FIORENTINO – “Un nuovo campo nomadi diventerebbe un altro luogo di marginalità, servono invece progetti specifici” è la convinzione di un gruppo di persone, una ventina, che da quasi dieci anni seguono personalmente alcune famiglie Rom all’interno del campo di via Madonna del Piano. Queste persone, che si ritrovano nel gruppo “Mosaico al margine” […]

SESTO FIORENTINO – “Un nuovo campo nomadi diventerebbe un altro luogo di marginalità, servono invece progetti specifici” è la convinzione di un gruppo di persone, una ventina, che da quasi dieci anni seguono personalmente alcune famiglie Rom all’interno del campo di via Madonna del Piano. Queste persone, che si ritrovano nel gruppo “Mosaico al margine” e si incontrano una volta al mese, scambiandosi le esperienze e “aiutandosi” ad aiutare adulti e bambini del campo Rom.
“La decisione del Comune di non costruire un nuovo campo nomadi ci trova d’accordo – dicono – ma una potrebbero essere messi in atto alcuni progetti per l’inserimento dei Rom utilizzando una parte dei finanziamenti destinati al campo”. Un problema che anche il gruppo ha verificato da tempo è l’abbandono scolastico da parte dei minori che vivono nel campo di via Madonna del Piano.
L’esperienza maturata con i Rom a Sesto Fiorentino da parte del gruppo del Mosaico a margine composto da don Daniele Banim Ugo Bardi, Francesca Bartoletti, Piero e Maria Bosi, Margherita Brunello, Arrigo Canzani, Ivana Carmagnini, Palmira Chiarlitti, Cecilia Fraticelli, Laura Giachetti, Rosalba Marino, Edo Raffaelli, Marco Solito, Suore di Maria Riparatrici e e Concetta Vecchio, è stata presentata in un convegno sui migranti che si è tenuto a Siena.
Attualmente nel campo nomadi di Sesto vivono circa 80 persone. “In base a questa esperienza – dice Piero Bosi – aver cambiato idea sul nuovo campo nomadi da parte del Comune è vista da noi con soddisfazione anche se prendiamo atto che non sono le stesse nostre motivazioni. Le disponibilità economiche dovrebbero essere usate anche per l’integrazione dei nomadi sia dal punto di vista lavorativo che da quello scolastico”.
“Vorremmo si affermasse un atteggiamento culturale diverso – aggiunge Concetta Vecchio – perchè queste persone sono vittime di paradossi: esistono per il diritto penale, ma non per quello civile e quindi serve un cambiamento culturale. Queste persone non devono essere considerate dei problemi, ma delle risorse”.