SESTO FIORENTINO – “Non è certo un provvedimento che aiuta lo sviluppo economico del nostro paese, né del nostro territorio, entrambi basati sulla piccola e media impresa”. E’ quanto afferma Marcello Gori, presidente dell’area Piana Fiorentina di Cna Firenze Metropolitana (che ha sede a Sesto in via De Gasperi), sul Decreto Dignità.
“In base ai dati della Camera di Commercio di Firenze – prosegue Gori – 11.852 imprese (per il 39% artigiane) di tutti i settori produttivi nella Piana Fiorentina, che danno lavoro a 59.938 persone (il 16% degli addetti di tutta la provincia), senza delocalizzare, ma invece investendo e vivendo sul territorio. Dovrebbe essere interesse di Governi e Enti Locali, ognuno per le proprie competenze, lavorare per lo sviluppo di questi settori e rendere le aziende più competitive. E invece, ancora una volta, così non è stato”.
Secondo Cna il Decreto Dignità per ciò che concerne le imprese, “va nella direzione della complicazione, della minor flessibilità occupazionale e dell’aumento dei costi”. A preoccupare l’associazione degli artigiani fiorentini è principalmente “l’irrigidimento prodotto dalla reintroduzione della causale nei contratti a tempo determinato”.
Questo, secondo Paolo Gianassi, coordinatore della Piana per Cna “finirà per penalizzare proprio quanti stanno creando occupazione vanificando così la crescita occupazionale dell’ultimo anno: + 2.912 addetti in tutta la Piana, con un incremento globale del 5% al primo trimestre 2018 rispetto al primo trimestre 2017 e uno del 3% per il solo artigianato”.
“L’intento del Decreto di contrastare il lavoro irregolare rischia invece di trasformarsi in un boomerang, disincentivando proprio la stabilizzazione – continua Gori – Certa, invece, la crescita del contenzioso giudiziario (ridotto negli ultimi anni proprio dall’eliminazione della causale), sostenuto anche dall’allungamento del periodo di tempo nel quale sarà possibile impugnare il contratto”.
Altri motivi di insoddisfazione per Cna sono il fatto che il Decreto “accorcia di ben un terzo la possibile durata dei contratti a termine, che passano da 36 mesi a 24, ne irrigidisce la gestione, riducendo le proroghe a 4, e ne aumenta fortemente i costi, introducendo un costo aggiuntivo crescente fino al 2% (che, per esempio, per un operaio di quarto livello di un’impresa metalmeccanica potrebbe sforare i 300 euro per un periodo di dodici mesi)”. Facendo valere le nuove regole anche per i contratti di somministrazione, il Decreto, prosegue Cna “finisce per colpire, anacronisticamente, anche le agenzie autorizzate, vanificando così, dopo venti anni dalla Legge Treu (1997), il maggior ambito di flessibilità che imprese e lavoratori hanno concordato nel tempo attraverso la contrattazione collettiva specifica di settore”.
“Quello che serve per un’occupazione stabile non è tanto una riforma dei contratti – conclude Gori – quanto un nuovo sistema di incentivazione che spinga e premi la stabilità. Il rischio che corriamo? Il sommerso, eliminazione dei voucher docet. Il trasformare un pezzo del mondo del lavoro, fragile e in certi casi purtroppo sfruttato, da regolare a irregolare”.