SESTO FIORENTINO – “Un intervento di rigenerazione urbana, com’ è definito nel PucAreaGinori, dovrebbe tener conto della misura dell’intervento, cioè delle relazioni con l’ambiente di vita in cui si colloca, delle proporzioni tra spazi edificati o meno con i quali viene ad interagire”. Così il Comitato Area Ginori, in una nota. Secondo il Comitato “quanto descritto si ha l’impressione che rispecchi la vecchia impostazione basata sul riempimento degli spazi, concedendo in cambio al pubblico qualche infrastruttura, peraltro necessaria al funzionamento delle attività commerciali ed alle residenze che si vogliono realizzare”.
“In sintesi – prosegue il Comitato – leggiamo un ragionamento urbanistico che vuole conseguire l’obiettivo di realizzare il nuovo negozio al massimo della dimensione legalmente possibile e ridurre il danno con un po’ di alberi e una sessantina di posti auto pubblici che dovrebbero servire residenti (e per i bus dei i visitatori del Museo, chissà?). La previsione di nuova viabilità a doppio senso di marcia, frattura il collegamento fisico tra Manifattura e Museo, binomio che è definito dagli esperti come un ‘unicum’ a livello internazionale”.
Per quanto riguarda le dimensioni del nuovo centro vendite il Comitato “rileva che, malgrado venga prevista la soppressione del negozio di via Leopardi, vi è un “significativo incremento” di superficie commerciale: si passa infatti dai 2.480 mq di superficie utile lorda de Il Neto ad una superficie utile lorda di 5.000 mq”.
Inoltre, aggiunge il Comitato “notiamo che la variante parla di ‘dimensione massima ammessa’, dunque vi sarebbe lo spazio per una rimodulazione del progetto al ribasso, per una rilettura critica in chiave effettivamente di ‘rigenerazione urbana’ in coerenza con quanto si è impegnato a fare il sindaco col protocollo d’intesa e cioè di decidere: ‘nel rispetto del contesto urbano preesistente e dell’interesse pubblico generale’. In questo ‘contesto urbano preesistente, legato all’interesse pubblico generale’ v’è sicuramente la tutela e la salvaguardia di quelle aree verdi affianco al Museo e alla Manifattura, attualmente preesistenti e considerate come patrimonio territoriale ed ambientale unico da valorizzare ed inglobare in una sola area denominata Ginori, visto che nel raggio di un paio di chilometri è l’unica area verde tutt’ora esistente”.
Altro aspetto sottolineato dal Comitato è che “non c’è da alcuna parte un impegno temporale che indichi i momenti in cui il Comune doveva terminare il procedimento: prendersi un po’ di tempo per riconsiderare il tutto andrebbe a salvaguardia dell’interesse pubblico e probabilmente anche di Unicoop”.
“A questo proposito, – prosegue il Comitato – si sono mai considerate eventuali sinergie tra Unicoop e valorizzazione del Museo? A prescindere da un’eventuale partecipazione di Unicoop alla Fondazione, magari conferendo alla stessa terreni per l’ampliamento, si è mai considerata la possibilità di destinare parte del volume del nuovo negozio a servizi per l’accoglienza dei visitatori del Museo? E’ nostra convinzione, forse utopica, che se si aprisse un confronto sereno e realmente partecipato tra Comune, Unicoop, Fondazione e cittadinanza attiva non potrebbe che derivarne una soluzione che accontenterebbe tutti, in primo luogo i cittadini presenti e futuri. Sarebbe una vera rigenerazione urbana”.
Per il Comitato resta la “valutazione” “sulla qualità architettonica di quello che dovrebbe essere il nuovo negozio”.
“Non ci piace, non vediamo differenze architettoniche con i negozi di quella taglia già esistenti. – prosegue il Comitato – Questa considerazione ci fa pensare che la variante sia stata pensata unicamente per accogliere, con qualche minima correzione, la volontà del privato di realizzare un nuovo negozio raddoppiando le proprie superfici commerciali, e non al Rilancio effettivo del Museo in unicum con la sua Manifattura, come tramandato dal 1735, di cui richiede oggi il suo proseguimento.