Ciao Davide, adesso sarai il Capitano degli angeli

FIRENZE – La Firenze del calcio la morte l’aveva sfiorata, quasi toccata con mano. Poi, per fortuna, tutto si era risolto per il meglio. Era il 22 novembre 1981 e uno stadio intero ammutolì dopo lo scontro fra il portiere del Genoa, Silvano Martina, e il Capitano, Giancarlo Antognoni, l’unico 10. Con la scomparsa di […]

FIRENZE – La Firenze del calcio la morte l’aveva sfiorata, quasi toccata con mano. Poi, per fortuna, tutto si era risolto per il meglio. Era il 22 novembre 1981 e uno stadio intero ammutolì dopo lo scontro fra il portiere del Genoa, Silvano Martina, e il Capitano, Giancarlo Antognoni, l’unico 10. Con la scomparsa di Davide Astori, invece, la tragedia di una vita che si spezza si è manifestata nella sua interezza. E adesso siamo di fronte, anzi facciamo parte di una comunità attonita, senza parole, con gli occhi gonfi di lacrime. Come ha detto e scritto Emiliano Viviano, oggi alla Sampdoria ma da sempre tifoso viola, è inutile cercare un perché; bisogna piuttosto valorizzare il messaggio di sensibilità, la voglia di appartenenza, il cordoglio ma soprattutto l’orgoglio scritti, detti, letti e condivisi in questi giorni. E ribaditi anche stamani in piazza Santa Croce.

Orgoglio e appartenenza, per formare un unico blocco granitico. Quello di Firenze e che Firenze ha sempre saputo “creare”, in modo assolutamente empatico, nei momenti più difficili della propria storia. Calcistica e non. In che modo? Traendo forza, respirandola a pieni polmoni, da quella che è un’emozione, personale e cittadina, ma che ha varcato i confini di Firenze per estendersi in tutta Italia e anche all’estero. Un blocco unico per portare ancora una volta in alto il nome di Firenze e della Fiorentina e onorare al meglio la memoria di Davide Astori, anche lui Capitano, con la “C” maiuscola, come lo ha “ribattezzato” Giancarlo Antognoni. Un calciatore mai appariscente ma che proprio grazie alla sua semplicità era entrato nel cuore e nell’anima di questa squadra e della città dove aveva deciso di vivere.

“La vita é un brivido che vola via”, canta Vasco Rossi in “Sally”. Ecco, afferriamo quel brivido e non abbattiamoci, magari “consolandoci” con il fatto che Zeus non chiama a sé i mediocri ma ama gli audaci. E afferriamo quel brivido con il “dono” che Astori ci ha fatto: quello di aiutarci a ritrovare quell’unità che avevamo perso negli ultimi mesi. Ritrovarsi tutti uniti con quel colore che fin da bambini ci ha fatto sempre sognare. Un dono amarissimo ma che ha permesso a tanti e al sottoscritto di riscoprire quelli che, come mi ha insegnato qualcuno che è scomparso all’improvviso come Astori, sono dei valori.

Così come mi piace pensare che lassù ad aspettarlo, per creare un ideale legame con il passato, ci sia Mario Cecchi Gori, che in piazza Santa Croce presentò, insieme a Vittorio, nell’estate del 1992, una delle squadre più belle e sfortunate degli ultimi trent’anni, che poi retrocesse in serie B. E che sempre in piazza Santa Croce, un anno e mezzo dopo, in una giornata grigia, venne salutato dai tifosi viola in lacrime nel giorno del suo funerale.

E adesso, se lo chiedono e ce lo chiediamo in tanti, come si riparte? Ricominciando, ritrovandosi, proprio come una comunità all’interno della quale bisogna sostenere e sostenersi. Con la “normalità” di tutti i giorni, anche se quella che prima era una pianura, adesso può diventare una montagna da scalare.

“Ci sono attimi che se hai la sensibilità di cogliere ti cambiano la vita”, scriveva Francesca, la compagna di Davide, qualche mese fa su Instagram. Ecco, quando tutto questo sarà finito, quando usciremo fuori da questo buio e da questo caos, probabilmente ci scopriremo diversi, ci scopriremo migliori. Per Firenze ma soprattutto per noi stessi. Ciao Davide…

(Fotografie Roberto Vicario)