FIRENZE – Fiorentinissimo, da sempre grande tifoso viola, ma conosciuto anche nella Piana, soprattutto da chi ha avuto e ha che fare con lui per tutte le questioni legate ai pellegrinaggi dell’Unitalsi. Associazione di cui è segretario, memoria storica, amico. E’ racchiuso in queste tre definizioni (ma ciò non vuole essere assolutamente qualcosa di riduttivo) Andrea Moricci, da martedì 31 luglio ufficialmente in pensione. Un traguardo importante, a maggior ragione per chi, come lui, l’Unitalsi l’ha vissuta e amata, conoscendo – e passando tanto tempo insieme – persone che, con lui, hanno contribuito a scrivere la storia dell’associazione. Persone, uomini e donne, che non ci sono più ma che sono e resteranno sempre nel cuore di chi le ha conosciute.
Quanto tempo Andrea…
“Sono trascorsi quasi 40 anni da quel giorno in cui l’indimenticabile monsignor Oliviero Poli, l’allora presidente della sezione Toscana dell’Unitalsi, mi chiamò dandomi la notizia che, in conseguenza del nuovo status giuridico dell’associazione, quello che fino ad allora era stato “soltanto” un impegno volontario, poteva divenire un vero e proprio rapporto di lavoro, con tutte le conseguenze, naturalmente positive, che questo comportava. Grazie di cuore a chi mi ha dato questa opportunità e grazie anche a chi, negli anni seguenti, mi ha dato fiducia e stima”.
L’Unitalsi per te non è stata “solo” un lavoro…
“Molto di più. Non un lavoro, un impegno di vita: non sempre si ha la fortuna di poter operare in un ambiente nel quale per primo hai potuto toccare con mano le dure realtà, spesso nascoste, che la vita ci mette di fronte”.
Il telefono è stato uno dei tuoi fedeli compagni di viaggio…
“Non uno strumento sofisticato e di alta tecnologia ma un tramite di ascolto della vicenda personale di chi ti chiama e vuole e ha il diritto di essere ascoltato. “Vorrei venire a Lourdes in pellegrinaggio perché sa, purtroppo, mi sta succedendo questo… E’ il cuore che parla… Solo dopo, quanto è il prezzo, la scheda da riempire, i dati anagrafici…”.
Raccontaci qualcosa di “particolare” di tutti questi anni:
“Penso… alla provvidenza: ricordo la telefonata di una mamma disperata con un figlio di 5 anni affetto da un male incurabile il cui desiderio e forse l’unica speranza era quello di recarsi a Lourdes; ebbene dopo poco tempo, una persona a noi sconosciuta, con una telefonata, ci informava di essere intenzionata a mettere a disposizione una certa somma per offrire un viaggio a Lourdes a un bambino”.
Il tuo è stato un lavoro fatto di tanti dettagli…
“Ho vissuto questo “lavoro” ringraziando la Madonna per il “regalo” che mi ha fatto: vivere la sofferenza dal di dentro; ho cercato di contribuire, con il mio impegno, nella sistemazione al meglio sui vari vettori, negli ospedali, eccetera a far sì che ognuno privilegiasse il vero valore del pellegrinaggio – la preghiera, l’ascolto, il servizio – a quello, seppur indispensabile, della semplice parte logistica. E’ evidente che non sempre l’impegno porta i frutti sperati”.
Quanto e cosa ti ha dato l’Unitalsi?
“L’Unitalsi mi ha dato tanto: mi ha fatto crescere, mi ha dato l’opportunità di conoscere tante persone, di ceti e condizioni diverse, di luoghi e provenienze diverse, persone con corpi sofferenti fino al non credere ma non per questo privi di accettazione, – il vero “Eccomi” – mi ha dato soprattutto una cosa: la gioia di vivere godendo di quello che si ha sia poco o tanto, ma la gioia non è mai abbastanza; chi di noi gode della salute finchè questa non viene a mancare, la ricchezza, il volere sempre di più ma fino a cosa… Sono stato centinaia di volte in pellegrinaggio, a volte anche con fatica, ma ho sempre pensato a chi avrebbe fatto chissà cosa anche per andarci una volta soltanto”.
Da quest’anno la sezione Toscana dell’Unitalsi ha scelto come vettori il pullman e l’aereo e, per adesso, con ottimi risultati…
“E’ vero che l’icona del pellegrinaggio era rappresentata dal treno con tutto quello che era connesso a questo trasporto (la preghiera comunitaria, lo stare tutti insieme, le conoscenze in viaggio); purtroppo le problematiche hanno superato di gran lunga la parte positiva per cui la Direzione Toscana ha ritenuto opportuna una scelta diversa; questo non cambia comunque quella che è la cosa fondamentale: amare l’Unitalsi. Diamo fondamento a quelli che sono i principi cardine che essa rappresenta – il mettersi al servizio dell’altro, spesso sofferente, e farlo, al tempo dei social, nel modo più riservato possibile. Fare del bene ha bisogno soltanto di una cosa: un cuore grande. E’ con l’esempio che si promuove e si dà linfa vitale all’associazione, fare del bene è diventata una “malattia” sempre più rara; sta a noi, che abbiamo avuto la fortuna di incontrare l’Unitalsi, di farla diventare “contagiosa” fino a provocare una “epidemia” di Amore e di Speranza. Questo mi ha dato questo “lavoro” che lascio per “raggiunti limiti di età” il 31 luglio, guarda caso la data del compleanno di mia mamma che, dal cielo, ha voluto a modo suo essere partecipe di questo giorno particolare della mia vita. Non dimenticherò questi anni, sarebbe impossibile, ma soprattutto cercherò di continuare a vivere questi momenti, “per camminare (ancora) insieme…”.