SESTO FIORENTINO – Fiducia reciproca per una esigenza di ripartenza all’interno della quale sono presenti opportunità, per questo servono nuove regole. Sono alcuni punti presenti nel “Manifesto” dell’associazione A Sesto Acuto dopo il lockdown e per la Fase 2. Un “Manifesto” come definisce la stessa associazione “per la rigenerazione delle coscienze a seguito della pandemia che ha bloccato le attività economiche e culturali del nostro Paese”.
“In questo periodo di crisi sistemica – si legge nel manifesto di A Sesto Acuto – cogliamo, dentro l’incertezza di una prospettiva di benessere, la inaspettata opportunità di una ripartenza nuova, capace di ridestare le forze migliori del nostro tessuto politico, economico e produttivo in virtù dell’esempio dato dalle forze socio-sanitarie e di volontariato che hanno consentito speranza e coesione sociale all’intera comunità. Adesso, e lo vediamo costantemente sui media nazionali e sui social digitali, i proclami si moltiplicano, segno di un desiderio inestinguibile di costruzione condivisa del futuro: il momento è propizio, le divisioni risultano insopportabili e ognuno sottolinea legittime preoccupazioni e afferma proposte di semplificazione normativa e pragmatiche agevolazioni e sovvenzioni. Necessità contingenti lo esigono, ma l’elemento discriminante per una reale rinascita sta, a nostro avviso, a monte”.
Condizioni di necessità, in questo caso l’emergenza sanitaria, hanno riportato alla luce la questione della “fiducia reciproca” necessaria per la ripartenza. “Il manifesto – afferma l’associazione – chiama ogni ambito a raccolta rispetto alla radice del reale problema: la fiducia reciproca. La malaburocrazia amministrativa è solo il sintomo conseguente di una malattia diventata endemica, non la causa dei nostri mali come spesso invece ci viene indicata. Se è vero che nessuno si salva da solo, verità smarrita nell’autoreferenzialità di tante realtà quotidiane e recuperata paradossalmente grazie all’imprevedibile scuotimento dell’evento virale, occorre riiniziare a concepire l’altro da sé come una risorsa e non più come un potenziale rischio di fallacia da cui cautelarsi. Basti leggere tutta la legislazione degli ultimi decenni per capire in filigrana la concezione del prossimo espressa nella ratio della norma giuridica, semplice specchio del nostro meschino sentire, concausa del progressivo impoverimento generale. Si parte dal Codice degli Appalti, esempio supremo che rende la burocrazia strumento di “giudizio” preventivo anziché norma agevolatrice della procedura condivisa, per finire all’ultimo soffocante regolamento operativo di dettaglio. Il pregiudizio di un male incombente da cui cautelarsi per proteggere il “bene pubblico” regna sovrano. E l’uomo è fatto così, può certamente sbagliare, ma non può non fidarsi per costruire un qualsiasi progetto, diciamo pure per ben convivere. Di questo ne abbiamo urgente bisogno tutti, attori politici, amministratori, funzionari pubblici, professionisti privati e semplici cittadini: e non costa nulla se non il grande rischio della libertà di ciascuno. Occorre un nuovo metodo su cui fondare il rispetto delle regole. La ricostruzione del ponte Morandi lo dimostra: possiamo essere così. E possiamo esserlo sempre, nel grande e nel piccolo: su questo auspichiamo un tavolo di confronto con l‘adesione di tutti gli attori della scena pubblica”.