Illustri sconosciuti. Odoardo, Anilina, Raffaello e Delio: i 4 morti del 5 maggio

SESTO FIORENTINO – “Ei fu siccome immobile…” Per molti, dire 5 maggio, significa riferirsi alla celeberrima poesia di Manzoni, dedicata alla morte di napoleone il 5 maggio 1821. Eppure, a Sesto Fiorentino, il 5 maggio è la ricorrenza di un’altra giornata particolare, commemorata fra l’altro dalla nuova saletta consiliare (“Saletta 5 maggio” appunto) recentemente costruita […]

SESTO FIORENTINO – “Ei fu siccome immobile…” Per molti, dire 5 maggio, significa riferirsi alla celeberrima poesia di Manzoni, dedicata alla morte di napoleone il 5 maggio 1821. Eppure, a Sesto Fiorentino, il 5 maggio è la ricorrenza di un’altra giornata particolare, commemorata fra l’altro dalla nuova saletta consiliare (“Saletta 5 maggio” appunto) recentemente costruita accanto al Comune, nonché dalla piazzetta “Largo 5 maggio” posta sull’altro lato. Era la primavera del 1898 e in tutta Italia divampavano le proteste popolari per la tassa sul macinato. Il prezzo del pane aveva subito un aumento del 30% e oltre, per ragioni politiche internazionali, per la scarsa annata agricola e soprattutto per l’alto dazio imposto al consumo. Il monarca e il governo reazionario, incapace di gestire altrimenti la questione, decise di puntare sulla repressione, ponendo intere città e aree del paese sotto lo stato d’assedio: Napoli, Firenze, Livorno,
Pisa, Spezia, Messina, Milano. La sospensione delle garanzie costituzionali e il potere in mano militare condusse in quelle giornate a vere stragi; emblematico è rimasto il cannoneggiamento della folla di civili da parte del generale Bava Beccaris a Milano. Anche Sesto Fiorentino pagò il suo tributo di sangue. Scrive lo storico Ernesto Ragionieri: “La mattina del 4 maggio 1898 il pane aumentò ancora di tre centesimi, e questa fu la proverbiale goccia che dette inizio alle manifestazioni di piazza con tentativi di assalto ai forni. La mattina del 5 circa seicento donne, e ragazzini, tornarono in piazza “costringendo il sindaco a indire per il pomeriggio una riunione di fornai, mentre da Firenze e da Prato cominciarono ad affluire rinforzi di carabinieri e di agenti di pubblica sicurezza”. Chiedevano “il lavoro e il rinvilio del pane a meno di 30 centesimi il chilo”. Nel tardo pomeriggio “alla folla delle dimostranti si aggiunsero gli operai che
ritornavano dalla Manifattura di Doccia. La giornata ebbe un epilogo tragico: si sparò sulla folla di dimostranti”.
Morirono in seguito alle ferite di arma da fuoco Odoardo Parigi, ventenne, operaio nella Manifattura Ginori; Anilina Banchelli, vedova con una figlia ventenne, il mugnaio Raffaello Mannini di Colonnata, padre di quattro bambini, e il piccolo Delio Contini, di 9 anni, figlio di un macchinista delle ferrovie. Pare che molti feriti fossero stati colpiti alla schiena, segno che si era sparato deliberatamente e con ferocia.
La memoria di quella giornata, oltre che nel libro di Ernesto Ragionieri “Storia di un Comune Socialista”, è stata commemorata da svariate pubblicazioni anche recenti, oltre che nella lapide posta in Largo 5 Maggio. Lapide che, rimossa in epoca fascista, fu poi risistemata.
Una curiosità: quando due anni più tardi, il 29 luglio 1900, l’anarchico Gaetano Bresci uccise a Monza il re Umberto I, tra i morti che intendeva vendicare indicò espressamente anche i quattro di piazza del Comune a Sesto.

Francesca Gambacciani