CAMPI BISENZIO – Partiamo da quelli che sono i problemi più evidenti. Abbiamo certamente delle infrastrutture vecchie e non adeguate al numero di veicoli attualmente circolanti, perché progettate in momenti completamenti diversi e non di facile modificazione. Questo aspetto fondamentale si lega senza dubbio a un servizio pubblico non sempre adatto, che è andato di pari passo con la nostra mentalità: “non c’è mezzo più comodo del proprio, per uno spostamento di qualsiasi genere”. L’aumento esponenziale dell’e-commerce degli ultimi anni ha poi dato il colpo di grazia.
Non a caso, la mobilità sostenibile è una parte fondante dello sviluppo sostenibile di una comunità. Non congestionando più le nostre città, si riduce il pericolo degli incidenti stradali e dei costi di spostamento a carico sia dei singoli che della comunità, senza contare la drastica riduzione dell’inquinamento atmosferico e acustico. I miglioramenti sono immediati com’è stato possibile apprezzarli, per esempio dove sono state realizzate le Tramvie. L’abbattimento delle barriere architettoniche, la risistemazione o la creazione di passaggi pedonali o ciclabili (pediplan e biciplan) di facile fruizione, sono però i “primi passi” per un percorso virtuoso di cambiamento culturale e comportamentale di una società.
Le amministrazioni hanno tutta una serie di frecce al proprio arco, a supporto di questo cambiamento radicale cittadino, con strumenti legislativi sia obbligatori come il PUT (Piano Urbano del Traffico) che volontari come il PUM (Piano Urbano della Mobilità) che definiscono i miglioramenti alla circolazione stradale, pedonale e dei mezzi pubblici (indicandone anche quali), con un orizzonte temporale breve di 10 anni. Il PUT e il PUM insieme al PS (Piano Strutturale), individuano gli ambiti del territorio comunale e definiscono le caratteristiche urbanistiche e funzionali degli stessi, stabilendo gli obiettivi sociali, funzionali, ambientali e morfologici e i relativi requisiti prestazionali. Insomma niente, se si vuole, è lasciato al caso. Quindi la scelta di come fare o non fare lo sviluppo sostenibile dipende essenzialmente dalla visione politica di un certo territorio, non certamente dalle soluzioni, né tantomeno dalle risorse economiche.
Massimo Cerbai, esperto in gestione ecosistemica ed energie rinnovabili