FIRENZE – Ci sono luoghi di cui vorresti scrivere tutti i giorni. Ci sono luoghi che ti entrano dentro fin da piccolo e che resteranno per sempre nell’immaginario del bambino ma con la mente e i pensieri dell’adulto. Uno di questi è sicuramente il lago di Resia, in Val Venosta, in Sudtirolo, dove il fascino dell’Ortles ti avvolge dall’alto della sua maestosità e l’Austria è dieci minuti di macchina. Un lago dalle cui acque svetta un campanile, “il” campanile, e che, insieme al paese e alle sue vicissitudini, sarà al centro di uno spettacolo in programma a Firenze, al teatro Verdi, il prossimo 5 febbraio (inizio alle 21).
Uno spettacolo raro, unico. Una storia senza attori e senza parola, in cui i protagonisti sono la musica, meravigliosa, del compositore estone Arvo Pärt, e il campanile, che domina la narrazione. In un crescendo di pathos ed emozione che raramente si provano a teatro. Creatore dell’evento è Filippo Andreatta, art-performer più che regista, creatore di eventi in cui l’architettura diventa spettacolo teatrale, insieme a Paola Villani. L’allestimento prevede infatti la partecipazione di un’orchestra, in vari organici: al Verdi sarà protagonista l’Ort, Orchestra della Toscana, il resto lo faranno le suggestioni e le emozioni che solo determinate montagne possono dare.
Ma il protagonista assoluto sarà il campanile, la cui origine romanica affonda le radici alla metà del 1300 e che nel periodo invernale, quando l’acqua del lago forma uno spesso strato di ghiaccio, è possibile raggiungere a piedi. Ma non solo perché, secondo quanto dicono i contadini della zona, seguendo le tracce lasciate dalle volpi sul ghiaccio, si riesce a capire dove questo è più solido e ci si può camminare sopra. Quel campanile che, a colpo d’occhio, sembra uno scherzo della natura e che invece è simbolo e monito di una parte importante nella storia del nostro paese. Più di un secolo fa nacque infatti l’idea di riunire due laghi naturali della Val Venosta settentrionale, il lago di Resia e quello chiamato “di Mezzo”, in unico grande bacino idrico. Un progetto che vide alternarsi diverse fasi e tentativi di realizzazione, intersecandosi con la storia del Novecento. Trascorsi molti anni, poi, a cavallo della seconda guerra mondiale, i lavori furono iniziati per poi subire più interruzioni, fino alla realizzazione di una grande diga nel 1950 che unificò i due bacini naturali, innalzando il livello dell’acqua di 22 metri fino a sommergere per sempre il paese di Curon. Paese che venne ricostruito intorno alle sponde della diga e sulla montagna che sovrasta il bacino artificiale. Un progetto dettato dal grande balzo dell’industrializzazione, dalla crescente richiesta di energia elettrica e da una politica che considerava l’interesse nazionale superiore alle sacrificabili dinamiche locali.
Tutto questo è Curon, il campanile di Curon, il simbolo della Val Venosta, al tempo stesso fiabesco e affascinante. Con una leggenda che narra che tuttora, in alcune giornate invernali, si senta il suono delle campane provenire dal fondo del lago. Le leggende che ci piacciono e che non ci stancheremo mai di raccontare.