SESTO FIORENTINO – Il 4 novembre, giorno del cinquantesimo anniversario dalla tragica alluvione che nel 1966 colpì Firenze e provincia, si avvicina. E contemporaneamente continuano ad affiorare i ricordi di chi, quei momenti, li ha vissuti in prima persona. Uno di questi è l’attuale arcivescovo di Firenze, cardinale Giuseppe Betori, cinquant’anni fa “angelo del fango”. Durante il giorno svolgeva il proprio servizio in città, la sera, insieme ad altri seminaristi alloggiava a Sesto. E quella che emerge dalle sue parole è una “cartolina” ricca di emozioni. “La sofferenza, lo smarrimento sui volti dei fiorentini”: sono alcuni dei suoi ricordi, definiti “indelebili”, e di un periodo della propria vita vissuto insieme a una dozzina di seminaristi e giovani preti del Seminario dei Santi Ambrogio e Carlo, detto dei Lombardi, di Roma, arrivati a Firenze pochi giorni dopo il 4 novembre 1966. Ebbene, a distanza di 50 anni, a lui, nominato arcivescovo della stessa città otto anni fa, piace sottolineare “l’immagine che il primo bastone che ho tenuto in mano a Firenze non sia stato un pastorale ma un badile: mi aiuta a essere, diciamo così, nelle “misure” anche adesso quando, con il pastorale, incedo nelle chiese, in quei giorni piene di fango e acqua”. L’arcivescovo all’epoca aveva 19 anni, era arrivato al Lombardo da poco, l’università Gregoriana aveva aperto in ottobre, e non esitò un attimo quando qualcuno lanciò l’idea “di mettersi a disposizione della città per dare una mano in quella situazione di grande sofferenza”. “Il mio primo studio di teologia dice – l’ho fatto con la pala in mano”. Ricorda l’affetto con cui venivano accolti nelle case, nessuno sapeva che erano seminaristi: “Avevamo degli stivaloni e vestivamo tute come tutti i giovani in quei giorni”. Solo la sera, quando tornavano nella parrocchia di Sesto e nel teatro dove dormivano su delle brandine, la loro “particolarità” diventava evidente: “Quando celebravamo Messa”. Il gruppo “si legò a un’associazione molto laica, il Servizio civile internazionale”. A loro venne chiesto di andare a spalare nelle case della periferia, qualcuno nella zona di Badia a Ripoli o di Gavinana, altri appunto vicino a Sesto Fiorentino. Ancora oggi il cardinale è “orgoglioso di essere stato tra la gente e non tra i libri, non per sminuire l’importanza della cultura, soprattutto a Firenze, ma mi sembra che per un seminarista, un prete, un vescovo, sia molto più importante poter dire ho servito la gente”. Ha l’immagine della melma portata via dalle cantine e, con la melma, “i ricordi delle persone perchè nelle cantine – conclude l’arcivescovo – c’era la vita delle persone, come di quella signora alla quale recuperammo una cassetta d’acciaio con dentro le lettere che lei si era scambiata con il marito quando erano fidanzati”.
Il cardinale Betori, l’alluvione del ’66 e quelle brandine a Sesto
SESTO FIORENTINO – Il 4 novembre, giorno del cinquantesimo anniversario dalla tragica alluvione che nel 1966 colpì Firenze e provincia, si avvicina. E contemporaneamente continuano ad affiorare i ricordi di chi, quei momenti, li ha vissuti in prima persona. Uno di questi è l’attuale arcivescovo di Firenze, cardinale Giuseppe Betori, cinquant’anni fa “angelo del fango”. […]
