Il Nepal di Banchelli, i suoni e i colori delle prime ore del giorno

KATHMANDU – In queste ore in cui il mondo sarà logicamente sconvolto dagli ultimi fatti accaduti in Francia (e non solo), e forse ancor più incerto sul futuro e su come affrontarlo, da questo piccolo mondo molto più lontano dei chilometri lineari reali che lo separano dall’Europa come da ogni altra parte del nostro pianeta, […]

KATHMANDU – In queste ore in cui il mondo sarà logicamente sconvolto dagli ultimi fatti accaduti in Francia (e non solo), e forse ancor più incerto sul futuro e su come affrontarlo, da questo piccolo mondo molto più lontano dei chilometri lineari reali che lo separano dall’Europa come da ogni altra parte del nostro pianeta, tutto sembra “normale” anche questa mattina.
I mille suoni del giorno della natura e dell’uomo hanno preso il posto di grilli e loro parenti che animano la notte, alcuni ragazzi si sono già messi a giocare a carte, altri spazzano strade e la miriade di piccoli negozi, mentre il lago e le colline è come abbracciassero ed avvolgessero il tutto. E tutto sembra lontano da questo privilegiato osservatorio. Compreso certo il terremoto e perfino gli stessi attualissimi problemi del blocco con l’India. Ecco, se io fossi una “pila”, da questo posto ricevo la mia più grande ricarica. E un posto così auguro di avere (o trovare al più presto!) veramente a tutti! 
Perché è assai più facile in questo stato di spontanea meditazione e rilassatezza, avere fiducia e speranza, sempre e comunque.
Ed anche la festa del Tihar (o Deewali) che ho vissuto, proprio oggi assume anche altri valori e significati. Una festa che dura tre giorni e che ha il suo culmine al secondo, quando avviene l’incontro e lo scambio di “tika” (il segno sulla fronte) e di doni in famiglia ed in particolare tra fratelli e sorelle. 
Una festa caratterizzata da luci e colori e che proprio per la sensazione dello scambio di doni e fratellanza potrebbe benissimo essere l’equivalente del nostro Natale. 
Una festa che tra l’altro, segue di pochissimi giorni il Dashain, che invece per tanti aspetti a me a sempre ricordato la Pasqua.
Con le parole può essere anche semplice provare a descrivere come sono stato accolto da questa mia nuova famiglia del Nepal: come fossi stato sempre con loro! Pur avendo uno scarso inglese e pochissime parole del loro vocabolario, non c’è stato un minuto delle oltre quattro ore, in cui mi sia sentito estraneo a questo gruppo. Anzi: mi ha riportato veramente alla memoria tante feste dove la mia (vera) famiglia si riuniva da quelle “consacrate” a diversi “1 maggio” fino ai più recenti ferragosto in Molise.
Più volte ho dovuto trattenere il grande dono di una lacrima di emozione e forte sentimento di partecipazione, dell’essere lì con loro e condividere quei momenti. La benedizione dei doni, il loro scambio, l’apposizione dello stesso tika fino al cibo, con le varie vivande da occasione particolare. Sorseggiando un delizioso yogurt con frutta tritata finissima che non avrei mai smesso di gustare.
Una sensazione di fratellanza assoluta che mi faceva sentire insieme anche a chi non c’era! Una sensazione che oggi quasi mi esorta ad inviare un pensiero ed un invito a tutti, nel non avere timore, nel non cedere all’odio, di continuare con maggiore energia a credere nella Vita e comunque a non smettere mai di nutrire Amore e Speranza.
Io sono del “partito” che oggi più che mai crede che l’unica guerra da combattere sia proprio quella contro la guerra.
Il terrorismo secondo me non è neppure “guerra”. E’ atrocità, certo; è provocazione; è alimentare una cultura di odio e paura. Ma se un terrorista in azione può benissimo e sempre più facilmente “colpire” un suo simile sia come religione che come etnia e magari anche convinzione politica, credo che il terrorismo sia anche la più grande “stupidità” umana. Assolutamente da affrontare con “armi non convenzionali”.
 
(7 – continua)